mercoledì 1 marzo 2017

Via alla Brexit. Dal 15 marzo Londra chiude agli immigrati

La Gran Bretagna chiuderà le porte ai migranti nel giorno stesso in cui verrà attivato l'articolo 50 del trattato di Lisbona che sancisce l'inizio delle procedure per l'uscita del Paese dall'Unione Europea


Londra - La Gran Bretagna chiuderà le porte ai migranti nel giorno stesso in cui verrà attivato l'articolo 50 del trattato di Lisbona che sancisce l'inizio delle procedure per l'uscita del Paese dall'Unione Europea.

Sorgente: Via alla Brexit. Dal 15 marzo Londra chiude agli immigrati - IlGiornale.it 

giovedì 2 febbraio 2017

A favore della Brexit il primo passaggio nel parlamento britannico

Con 498 voti a favore e 144 contrari alla Camera dei Comuni britannica è passato il progetto di legge della premier Theresa May per dare attuazione alla Brexit, l'uscita dall'Unione Europea votata dai sudditi del Regno Unito nel 2016.


Spetta ora alla Camera dei Lord dare la propria approvazione; il testo di legge dovrebbe essere preso in esame  il 20 febbraio e qualora fosse modificato tornerà per una ulteriore approvazione ai Comuni. L'esito dovrebbe essere noto già il 7 marzo.

Ora il percorso per la premier britannica è di nuovo in discesa e dovrebbe, salvo imprevisti, rispettare l'imegno preso con la UE di presentare l'istanza di uscita ai sensi dell'articolo 5o della norma comunitaria entro il prossimo mese di marzo 2017.

Nel corso del recente incontro di Theresa May alla Casa Bianca il presidente Donald Trump ha espresso apprezzamento per la scelta del Regno Unito di uscire dall'Unione Europea, ribadendo il reciproco interesse al rafforzamento di rapporti anche economici diretti con gli Stati Uniti.

martedì 24 gennaio 2017

La Brexit deve passare dal parlamento

La Brexit deve passare dal parlamento. Questa la decisione della Corte Suprema britannica presa con una maggioranza di 8 membri e 3 contrari che, come titola il Fatto Quotidiano, "boccia il governo della premier Theresa May".


L'applicazione dell'art. 50 per l'avvio formale dell'uscita dall'Unione Europea dovrà quindi preliminarmente essere deliberata dal Parlamento che potrebbe probabilmente prendere anche una decisione difforme dalle scelte popolari che, col referendum del giugno 2016, avevano optato per l'abbandono della partecipazione britannica all'Europa. Respinta invece all'unanimità dalla corte la richiesta di Scozia, Galles e Irlanda del Nord di essere obbligatoriamente consultati prima di procedere con l'applicazione dell'art. 50.

Da rilevare anzitutto la rapidità decisionale di questo organo che, diversamente dalla Consulta italiana, non ha paralizzato le attività del paese:

  • l'annuncio della richiesta alla Corte Suprema, fatta da una manager della City e da un     parrucchiere, risale alla fine di ottobre 2016
  • già a novembre 2016 l'organo britannico ha comunicato l'obbligo di passare dal parlamento prima di richiedere alla UE l'uscita in applicazione dell'art. 50 della norma comunitaria
  • immediato il ricorso di parte governativa presentato dal premier Theresa May
  • ai primi di dicembre 2016 la prima udienza sul ricorso
  • a fine gennaio 2017 la decisione finale della Corte Suprema che rigetta il ricorso del governo.


Nel caso dell'Italia la Corte Costituzionale, adita da alcuni tribunali nel settembre 2016 per decidere sulla costituzionalità della nuova legge elettorale voluta da Renzi e votata a colpi di fiducia nel mese di luglio, veniva inizialmente fissato la prima udienza per il 4 di ottobre 2016. Udienza poi rinviata a gennaio ed oggi in corso, con previsione di emissione della sentenza entro sera o nella giornata di domani ..... e comunicazione delle motivazioni entro la fine del prossimo mese di febbraio 2017!


mercoledì 18 gennaio 2017

"Soft Brexit" o "hard Brexit"? Il discorso della premier britannica Theresa May ai conservatori pare propendere per la seconda.


(libera traduzione; fonte: The Economist)

Theresa May, il primo ministro della Gran Bretagna, ha promesso alla conferenza del partito conservatore di questa settimana che avrebbe invocare l'articolo 50 del trattato dell'Unione europea, l'unica via legale per lasciare l'UE, entro la fine di marzo 2017. Ha anche detto che, dopo la Brexit, voleva un accordo che desse alle società inglesi la massima libertà di commerciare ed operare nel mercato unico dell'UE. Ma allo stesso tempo, ha insistito sul fatto che, dopo la Brexit la Gran Bretagna sarebbe ridiventato un paese totalmente sovrano, pienamente indipendente in grado di prendere le proprie decisioni su questioni che vanno da come etichettare il suo cibo fino alla scelta di come controllare l'immigrazione. Ha detto altresì che la Gran Bretagna non poteva lasciare l'UE per poi trovarsi ancora soggetta alla Corte di giustizia europea.

Il problema è che questi obiettivi sembrano essere tra loro incompatibili . Se la Gran Bretagna vuole beneficiare pienamente del mercato unico, che elimina tutte le barriere tariffarie e la maggior parte di quelle non-tariffarie, nonché i controlli doganali, dovrà rispettare la maggior parte delle leggi europee, tra cui quella sulla libera circolazione di persone provenienti da altri paesi dell'UE e una gran parte delle norme del mercato unico, che sono in ultima analisi applicate dalla Corte Europea. Questo è ciò che paesi come la Norvegia e la Svizzera, che sono al di fuori dell'UE, ma in gran parte all'interno del mercato unico, si trovano a fronteggiare; contribuiscono anche al bilancio dell'Unione Europea. Fu la Gran Bretagna a scegliere un percorso simile, che se applicato oggi equivarrebbe a una "soft Brexit" che manterrebbe molti vantaggi per i membri della UE ma al prezzo di alcuni vincoli significativi sulla propria libertà di una politica indipendente.

L'alternativa "hard Brexit" metterebbe la Gran Bretagna in una posizione più simile a paesi terzi, come l'America. Gli americani non sono soggetti alla libera circolazione delle persone provenienti da altri paesi dell'UE o di tutte le norme del mercato unico dell'UE, né devono contribuire alsuo bilancio. Ma questo significa  altresì che non sono parte del mercato unico, che rende le loro esportazioni in esso soggetta ad entrambe le barriere tariffarie e non tariffarie. Dato che l'UE rappresenta il 44% delle esportazioni della Gran Bretagna, comprese le sue cruciali ed importanti esportazioni di servizi finanziari, tali barriere aumenterebbero notevolmente i costi che la Brexit comporterà per l'economia britannica.

I fautori della Brexit dicono che sono alla ricerca di un compromesso vantaggioso che potrebbe consentire alla Gran Bretagna di mantenere il libero accesso al mercato unico, ed allo stesso tempo controllare i propri confini, le proprie leggi e la propria moneta. Ma gli altri 27 paesi hanno già detto di non essere d'accordo su questo. Essi insistono sul fatto che alla Gran Bretagna non può essere consentito di avere tutti i vantaggi del mercato unico senza accettare tutti gli altri suoi obblighi, anche perché se così fosse, alcuni altri paesi dell'UE potrebbero tentare di seguire l'esempio britannico. Alla fine la Gran Bretagna sarà costretta a fare la scelta: tra controlli più severi sull'immigrazione ed una piena sovranità senza ostacoli che accompagnerebbero una "hard Brexit", ed i vantaggi economici del mercato interno che sarebbero mantenuti con una "soft Bexit". Non è ancora chiaro in che modo Theresa May alla fine esordirà con la UE, ma il suo discorso alla conferenza dei conservatori è sembrato alla maggior parte degli osservatori fosse orientato verso una "hard Brexit".


martedì 17 gennaio 2017

Oggi il premier britannico Theresa May dovrebbe sciogliere il nodo Brexit

È previsto per oggi l'intervento del premier britannico Theresa May, presente anche al Froum di Davos in Svizzera,  che dovrebbe sciogliere il nodo Brexit. In attesa ancora del parere sull'obbligatorietà o meno del passaggio in parlamento, pare che il suo attuale orientamento sia quello di una definizione netta dei rapporti con l'Unione Europea, probabilmente piuttosto dura e con conseguenze non facilmente prevedibili sia sul fronte interno inglese ma soprattutto per i 27 paesi che continueranno, almeno per ora, a far parte dell'Unione.

Pare che la May proporrà una politica di agevolazioni fiscali, di riduzione di costo del lavoro ed altre opzioni che possano rendere ulteriormente vantaggioso l'insediamento di aziende e l'afflusso di investimenti nel Regno Unito. Già espresso il gradimento dell'ormai prossimo presidente USA Donald Trump in merito ad accordi speciali di commercio.

Prossimo quindi l'avvio delle iniziative per l'uscita dalla UE denominate dai media britannici come "hard Brexit" in quanto prevedono tra l'altro l'abbandono del mercato unico e di tutti gli accordi concernenti sia la circolazione delle merci che delle persone; da rammentare al riguardo che il Regno Unito on ha mai adottato l'Euro, moneta unica europea, nè partecipato di fatto agli accordi di Schengen.

Pesano al riguardo le affermazioni fatte da Trump che plaude alla Brexit e nel contempo accusa la Germania di usare l'Unione Europea come un veicolo per la realizzazione dei propri interessi nazionali. Affermazione questa che contrasta con quella del ministro tedesco che parrebbe volere l'uscita del suo paese se non dalla UE almeno dall'Euro, che vorrebbe fosse mantenuto dai paesi latini quali Francia ed Italia; ciò in relazione alla diversa capacità e velocità di sviluppo della Germania che si vedrebbe oggi compresso da una politica di allineamento con gli altri paesi, il cui ritmo è palesemente più lento, in particolare per la mancanza di una moneta propria di cui influenzare l'andamento in relazione al proprio andamento economico e finanziario.


venerdì 6 gennaio 2017

Theresa May ribattezzata dall'Economist....Theresa Maybe (Teresa Forse) per la sua incerta posizione sulla Brexit

Sono passati sei mesi dal suo indediamento al numero 10 di Downing Street e non ha ancora preso un preciso orientamento in merito alle azioni conseguenti la scelta referendaria del popolo britannico, la Brexit. Non solo ma, precisa ulteriormente la rivista inglese, ha sin qui dimostrato di tronare spesso indietro rispeto a decisioni prese. Da questa sua indecisione il soprannome con cui viene mostrato in copertina di Theresa Maybe (Theresa Forse), giocata sul suo cognome May. Siamo ben lontani dal decisionismo della famosa "Lady di ferro" Margaret Tatcher.

Per il testo completo dell'articolo si rimanda al sito dell'Economist.

(libera traduzione in corso di completamento)

Vittime illustri della Brexit: Jamie Olivier cuoco inglese della cucina all'italiana


Mentre il nuovo primo ministro britannico Theresa May (soprannominata Maybe per la sua indecisione) non ha ancora preso un chiaro orientamento sull'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea sono sempre più numerose le "vittime" della Brexit. Tra questi Jamie Olivier, famoso cuoco appassionato fautore nel suo paese della cucina italiana che ha inisziato col chiudere 6 dei suoi 42 ristoranti.


Riporta la notizia Repubblica.it nell'edizione odierna, precisando che ben 2 delle 6 chiusure sono relative ai negozi della capitale Londra. Il quotidiano italiano prosegue precisando che i tagli che Olivier ha dovuto fare sono stati sinora del 15% con 120 licenziati che cercherà di ricollocare in altre strutture operative; il cuoco è noto oltre che per la sua cucina nei ristoranti acnhe per le trasmissioni televisive alla televisione inglese BBC e per la sua produzione libraria. Ulteriore motivo che ha spinto il Cracco britannico alla riduzione sono le previsioni di aumento dei prezzi di acquisto delle materie prime provenienti dall'Italia, ricari in parte già verificatisi a causa della Brexit.


Giornali pro-Brexit si scagliano contro Jamie Oliver: "Ristoranti chiusi? Colpa del cibo mediocre"

Ma alcuni giornali britannici che si erano schierati a favore della Brexit sostengono che la vera ragione sia un'altra: la mediocre qualità del cibo ed i cibi troppo altri. Lo riporta Repubblica.it in un suo articolo online (aggiornamento 07/01/2017)

martedì 3 gennaio 2017

Brexit: dimissioni dell'ambasciatore di Sua Maestà alla UE

La Brexit con l'inizio del nuovo anno torna a far parlare con l'annuncio delle dimissioni dell'ambasciatore britannico presso l'Unione Europea, come riporta RaiNews oggi  oggi nel suo sito online:

03 gennaio 2017 Sir Ivan Rogers, ambasciatore britannico presso l'Unione europea, si è dimesso. Lo scrive la Bbc, precisando che il Foreign Office non ha rilasciato commenti sulle motivazioni delle dimissioni. 
Rogers, in carica del 2013, avrebbe dovuto lasciare Bruxelles alla scadenza del suo mandato a novembre prossimo. Avrebbe dovuto giocare un ruolo di primo piano nel negoziati sulla Brexit, che la premier Theresa May ha promesso di avviare entro fine marzo. Il deputato laburista Hilary Benn, ha capo della commissione sulla Brexit, ha detto che le dimissioni di Sir Ivan arrivano in un momento "cruciale" e che il governo deve "sbrigarsi" per trovare un sostituto. Le dimissioni di Sir Ivan Rogers sarebbero verosimilmente legate ad un deterioramento dei suoi rapporti con alcuni membri del governo in merito alla Brexit, soprattutto alla luce di quanto rivelato il mese scorso dalla Bbc. In quell'occasione l'emittente riportò che l'ambasciatore ad ottobre aveva detto ai ministri britannici che le trattative per un accordo commerciale tra il Regno Unito e l'Unione europea sul dopo-Brexit, se mai raggiunto, potrebbero durare anche 10 anni. L'ambasciatore aveva aggiunto che era l'opinione dei 27 partner dell'Unione.